Primi nove mesi di real estate in Italia: uffici e retail in testa

Interessanti risultati per ciò che riguarda gli investimenti operati nel settore real estate a livello nazionale. I dati riportati sia da Cbre che da JLL parlano di una crescita tutta italiana, in controtendenza con il generale andamento europeo.

Stando, infatti, ai dati raccolti da Cbre gli investimenti sarebbero cresciuti in Italia del 17% rispetto al medesimo periodo dello scorso anno, raggiungendo una raccolta economica di 1,7 miliardi di euro, mentre l’Europa registra un calo del 16%.

La situazione sarebbe caratterizzata da un eccesso di liquidità, a livello globale, che gli investitori internazionali indirizzerebbero verso l’Italia, in quanto offrirebbe investimenti più competitivi, rispetto ai Paesi europei a noi più prossimi (come Spagna, Francia e Uk).

Un ruolo fondamentale in questo eccezionale andamento positivo sarebbe giocato dal segmento degli uffici, in particolare per ciò che riguarda la città di Milano.

Sul risultato conseguito nei primi nove mesi del 2016 dal settore real estate, ovvero 5,7 miliardi di euro (che equivale a un +14% rispetto allo stesso periodo del 2015), il terzo trimestre avrebbe goduto degli importanti volumi prodotti dal segmento degli uffici e da quello del retail, sia nella città di Milano che in quella di Roma. Questo quanto sostenuto da JLL, che rileva come nella capitale, proprio la compravendita di uffici abbia registrato un assorbimento di, complessivamente, 41 mila metri quadri circa, che segna un +24% se si considera la media trimestrale degli ultimi 5 anni.

Per ciò che riguarda il retail, invece, nel periodo giugno-settembre si assiste a una raccolta complessiva di 650 milioni di euro, che rappresenta il 43% della raccolta totale del real estate per il trimestre preso in considerazione e che raggiunge il valore di 1,5 miliardi nei primi nove mesi (ovvero +30% rispetto al medesimo periodo dell’anno precedente).

Il settore che invece resta ancora legato alla nicchia è la logistica, la quale ha vissuto una buona dinamica fino al secondo quarter, forte del grande interesse suscitato sia in ambito nazionale che estero, per poi subire una battuta d’arresto nel corso del terzo trimestre.

L’osservazione interessante espressa da Cbre riguarda gli investitori domestici, che a conti fatti appaiono più attivi rispetto a quelli internazionali (rappresentano il 51% degli investimenti, verso il solo 21% del 2015), risultato che, se da un lato fornisce un dato incoraggiante per il mercato nazionale di riferimento, dall’altra rappresenta un segnale preoccupante relativamente agli investitori stranieri in Italia.